Ville Venete
Villa Gera
Villa Gera fu voluta nel 1827 da Bartolomeo Gera, membro dell’omonima nobile famiglia, e venne progettata dall’architetto Giuseppe Jappelli. La costruzione di questa villa era destinata a modificare fortemente lo sguardo sul colle, divenendo uno degli edifici più caratteristici di Conegliano: essa, infatti, ergendosi sulla parte alta del colle di Giano, oltre a dominare tutta la città e la pianura coneglianese, si frappone tra il Castello e la parte alta del centro storico, dove sorge il Convento di San Francesco. Nel 1837 fu chiamato Giovanni De Min, perché affrescasse il salone della villa, con episodi storico-mitologici. Nel primo Novecento la villa fu luogo di occupazione tedesca durante la seconda guerra mondiale, perdendo parte degli affreschi proprio in occasione di un incendio divampato nel 1943.
Villa Canello
Villa Canello fu progettata, con le sue forme neoclassicheggianti, nel Settecento per essere l’elegante residenza dell’omonima famiglia. Dopo aver subito una lunga decadenza durante il XX secolo, negli anni 2000 la villa ha beneficiato di un restauro integrale ad opera dell’architetto Angelo Buonocchio che l’ha riportata allo splendore originario. La struttura del complesso di Villa Canello è a L, con la facciata che guarda verso est, sull’area della città attraversata dal Monticano e sui colli di Monticella, dove si distingue il profilo di Villa Paccagnella. Il corpo principale, disposto complessivamente su tre livelli, è caratterizzato da una parte centrale più alta timpanata e da pinnacoli a forma di obelisco sulle estremità del tetto. Il piano nobile, evidenziato dai due marcapiani, si distingue per la presenza di una serliana, le cui aperture sono inserite tra semicolonne ioniche. Il resto del complesso, inserito ortogonalmente sul lato nord, presenta le caratteristiche dell’edilizia rurale dei colli circostanti: un corpo minore di due piani collegato al volume principale e un corpo maggiore disposto su tre livelli, caratterizzati da una regolare forometria, composta da monofore rettangolari; da notare i due arconi a tutto sesto del piano terra, con quello di destra che attraversa tutta la larghezza dell’edificio, con funzione di sotoportego.
Villa Giustinian
Villa Giustinian fu edificata nella seconda metà del XVII secolo come residenza gentilizia dal marchese Agostino Soaver; la famiglia Giustinian, ascritta al patriziato veneziano e la più nobile a cui la casa appartenne, le diede il proprio nome. Oggi la villa, in buono stato di conservazione, è ancora una residenza privata. La villa si compone di più corpi. Quello centrale, adibito ad abitazione gentilizia e rivolto verso la vallata antistante (dove scorre il Monticano) e verso il Colle di Giano, si compone di due livelli più un blocco centrale rialzato e sovrastato da timpano, contenente un affresco con lo stemma della famiglia Giustinian. Tutto il sottotetto è percorso da un largo cornicione dentellato. Gli altri edifici, di diverse forme e di dimensioni minori, ricalcano con eleganza gli stilemi dell’architettura rurale dei colli coneglianesi. Villa Giustinian possiede una cappella privata autonoma dedicata a Sant’Antonio, posta a lato del corpo centrale: la facciata a capanna dell’edificio sacro si caratterizza per la presenza di un grande frontone dentellato, poggiante ai lati su due grossi pilastri; la forometria di tale prospetto consta di una finestrella a mezza luna e di un portale.
Villa Paccagnella
Villa Paccagnella fu voluta nella seconda metà del XVII secolo dall’omonima famiglia del patriziato veneziano (che ne è ancora oggi proprietaria), perché divenisse la sua residenza estiva nell’entroterra veneto. Si attribuisce il progetto all’architetto Baldassare Longhena, attivo soprattutto a Venezia, dov’è maggiormente noto per capolavori come Ca’ Pesaro, Palazzo Zane Collalto o la Madonna della Salute. Nel 1766 un pittore lombardo impreziosiva con opere pittoriche le sale della villa: tuttavia l’opera andò perduta durante gli eventi della prima guerra mondiale, quando la villa subì danneggiamenti. Oggi, restaurata e ricondotta all’aspetto originario, Villa Paccagnella è dimora privata che ospita eventi mondani e ricevimenti. Da Villa Paccagnella, grazie alla sua posizione panoramica, si dominano tutta la città e la pianura veneta a sud, verso cui guarda la facciata, i colli (specie i dintorni di Ogliano) e l’arco prealpino a nord. La nobile struttura è inserita in un ampio parco con piscina neoclassica. L’edificio si compone di un unico stabile tripartito: un corpo centrale più sviluppato in profondità e in altezza e due corpi laterali simmetrici. Un grande scalone conduce al portico della facciata, aperto da un colonnato, dal quale si accede al portale d’ingresso, in cornice lapidea terminante in un timpano spezzato. Al piano nobile tre grandi monofore a tutto sesto chiuse da balaustra e inserite tra semicolonne ioniche. Sopra ad esse un grande frontone dentellato con tre statue alle estremità. I corpi laterali presentano due livelli di monofore, il primo a tutto sesto e il secondo rettangolari; in alto, al di sopra di una cornice dentellata, scorre una balaustra. Gli interni, di grande eleganza e sobrietà, contengono ancora gli arredi originali. Da Villa Paccagnella si pensa che ci sia un passaggio sotterraneo per collegarla a villa Contarini.
Villa Moretti
Villa Moretti è un edificio risalente al XIX secolo, dimora della famiglia Moretti. Come le altre tre ville venete di Monticella di Conegliano, anche Villa Moretti ha perso quasi totalmente i caratteri originari della sua collocazione, venendo inglobata in una zona a forte densità abitativa, dovuta alla crescente urbanizzazione del quartiere nella seconda metà del XX secolo. Ancora casa dei Moretti, oggi la villa è in buono stato di conservazione. Villa Moretti si compone di un edificio padronale più degli annessi minori, rimaneggiati o di epoca presumibilmente successiva. L’edificio padronale è a pianta rettangolare, con un blocco centrale più alto e due ali laterali, il tutto disposto secondo una perfetta simmetria. La facciata vede i quattro piani della parte centrale evidenziati dalla disposizione delle aperture e da sottili cornici marcapiano. La forometria consta di tutte monofore rettangolari, organizzate, al piano terra, intorno al semplice portale, ai due piani superiori, intorno a una monofora più grande con parapetto. Fa eccezione il terzo piano, dove si trova l’elemento che più conferisce eleganza all’altrimenti disadorna facciata: si tratta di una trifora trilobata a sesto acuto, di ispirazione veneto-bizantina, ai lati della quale si ergono due alti comignoli di forma ottagonale; questi due elementi sono gli unici a spuntare al di sopra della vegetazione del piccolo giardino addossato alla villa, dividendola dal traffico della strada antistante. Le due ali seguono uno schema analogo a quello del blocco centrale, ma si differenziano da esso per la mancanza del terzo piano, qui sostituito da un ammezzato aperto da finestre ovali. A sinistra dell’edificio padronale è annessa una piccola struttura di un piano con terrazza. Sul retro un altro annesso di piccole dimensioni, disposto su due livelli e rimaneggiato, richiama le forme dell’edilizia rurale.
Villa Fabris Giavi
La residenza fu acquistata ai primi del ‘900 e completamente restaurata, da Francesco Giavi (ancora oggi sui cancelli di ingresso si nota l’acronimo FG). Era adibita a residenza di famiglia e posta sul lieve pendio di via Bidasio degli Imberti, parte terminale della Collina di Monticella, integrante l’azienda agricola Giavi. Attualmente, è in buono stato conservativo. Edificio di buone dimensioni racchiuso nella parte anteriore da un muro di cinta, all’interno del quale ha luogo il giardino, Villa Fabris Giavi è formata da un unico edificio a pianta quadrangolare. La facciata ricalca le forme dell’edificio padronale delle ville venete sei-settecentesche, con la parte centrale rialzata e terminata da un timpano dentellato. Le aperture, disposte simmetricamente, disegnano i tre livelli di cui la struttura si compone: al piano terra, con superficie in bugnato, tre monofore rettangolari per lato si dispongono intorno al portale centrale; al piano nobile, diviso dall’inferiore per mezzo di marcapiano, le aperture sono a tutto sesto, con al centro una trifora con balaustra; il secondo piano, con piccole aperture rettangolari, è variato sotto il timpano da una più ampia monofora a tutto sesto balaustrata. Sulla sommità dei due angoli della facciata e sullo spigolo più alto del timpano, sono posti dei piccoli elementi scultorei.
Villa Bortolon
Villa Bortolon è un edificio risalente al XVII secolo, ricordata come residenza della famiglia locale dei Bortolon. Nei secoli, con l’espandersi del centro di Conegliano e con la forte urbanizzazione dell’area dove sorge la villa, adiacente al grande complesso industriale Zoppas (ora Setteborghi), l’originale contesto in cui Villa Bortolon era inserita si è completamente perduto. Tra la fine del XX secolo e gli anni 2000, l’area comprendente la villa e le architetture industriali novecentesche che le erano annesse è stata oggetto di valorizzazione, nonché di un restauro che ha tolto Villa Bortolon dal degrado. Edificio di medie dimensioni, Villa Bortolon si presenta con una facciata seicentesca, addossata alla strada. La perfetta simmetria fa sì che due coppie di monofore rettangolari si dispongano lateralmente, al piano terra, al portale (raggiungibile attraverso due brevi gradinate) e, al piano nobile, alla monofora a tutto sesto centrale, dotata di balaustra. Sopra, un ammezzato occupa il sottotetto, al quale danno respiro quattro piccole finestre ovali; centralmente è presente una parte rialzata, in corrispondenza di un grande abbaino: tale rialzo è sovrastato da un timpano, aperto da una monofora a tutto sesto balaustrata e affiancato da piccole volute.
Villa Soldera
Villa Soldera fu edificata nel XIX secolo. In origine situata in zona a bassa densità abitativa e periferica, si trova oggi inserita in un contesto profondamente urbanizzato. Attualmente in buona conservazione, la villa è oggi proprietà della famiglia Soldera. Espressione tarda di villa veneta, come la vicina Villa Moretti, Villa Soldera è un complesso disposto su due livelli e sviluppato in lunghezza lungo il dolce pendio del colle di Monticella. Il corpo centrale, a pianta quadrangolare, ha una facciata aperta da monofore rettangolari, disposte regolarmente a segnare i due livelli, evidenziati anche da un marcapiano. Sulla sommità, in corrispondenza del portale (anch’esso rettangolare), c’è un timpano con inscritta una finestra circolare; sopra di esso campeggia un elemento scultoreo a forma di vaso, terminato da un motivo floreale in ferro battuto. A destra del corpo principale è presente un rustico di piccole dimensioni, leggermente più basso ed anch’esso disegnato su due livelli, secondo le forme dell’architettura rurale del coneglianese.
Villa Civran Morpurgo Pini-Puig
Villa Civran Morpurgo Pini-Puig detta anche palazzo Morpurgo. Villa Morpurgo fu costruita nel XVII secolo; ne furono proprietari i Montalban, i Civran, i Morpurgo e poi la famiglia Pini-Puig. Una cappella gentilizia fu demolita alla fine del XIX secolo e la pala d’altare che vi si conservava fu trasferita e ora si trova nella chiesa dei Santi Martino e Rosa. Nel XX secolo gran parte del parco e della campagna della villa sono state occupate da una fitta edilizia abitativa, che ha fatto del colle di Monticella e delle sue aree rurali una dei quartieri più popolosi della città. Villa Civran Morpurgo Pini-Puig si presenta come un edificio di due piani sviluppato in lunghezza, perpendicolarmente al pendio del colle, racchiuso da un muro aperto da cancellate, sui cui pilastri poggiano delle sculture con fanciulli in atteggiamento giocoso o con strumenti musicali. La facciata è simmetrica, con la parte centrale sovrastata da un grande timpano, sulla sommità del quale campeggia una piccola statua rappresentante un putto. Sotto il timpano si collegano a una spessa architrave quattro lesene di ordine ionico, che tripartiscono questa parte della facciata, dove si trovano il portale e le tre monofore maggiori del piano nobile. La forometria dell’abitato consta di sole monofore quadrangolari, alcune inscritte in arco cieco. All’interno, al piano nobile, sono presenti i saloni, alcuni dei quali contengono preziose decorazioni. Davanti alla villa è presente un unico annesso superstite, inserito nel muro di cinta e costituito da un edificio di due piani di piccole dimensioni a pianta rettangolare; sulle pareti esterne, molto rovinati, si vedono ancora dei decori a fresco. Sul lato nord del parco fino alla sommità della collina, è presente l’unica parte della campagna originale non ancora edificata, al centro della quale c’è una tipica casa rurale, in posizione equidistante da Villa Morpurgo e villa Lippomano.
Convento di Sant’Antonio Abate
Il Convento di Sant’Antonio ha il suo sviluppo nel XVI secolo, quando è uno dei più importanti e ricchi della città, dotato di una chiesa annessa, edificio a tre ampie navate in stile gotico, contenente affreschi del 1514 nella parte absidale, opera del Pordenone. Nel XVIII secolo il convento fu soppresso per volontà della Repubblica di Venezia e nell’Ottocento, dopo lungo abbandono, il complesso fu vittima di crolli, dopo i quali rimase ben poco dell’originaria struttura. Ciò che rimase del convento fu convertito in villa e prese nome di Villa Rocca dal nome dei nuovi proprietari; ancor oggi è una dimora privata. Attualmente sono visibili, in buone condizioni, i pochi resti del convento, situati lungo la breve via che collega piazzetta Duca d’Aosta e il cuore di parco Rocca: l’edificio superstite è un piccolo braccio dell’originario volume, del quale si è salvata la relativa parte di chiostro con portico aperto da archi a tutto sesto e coperto da volte a crociera, un tempo abbellite da affreschi. La forometria del primo piano è costituita da monofore. La costruzione, a due piani, si nota per l’intonaco rosso. Uscendo da piazzetta Duca d’Aosta, poco oltre i resti del chiostro (ubicati a destra), sulla sinistra si vede una casa privata denominata Villa La Grassa: la parte posteriore di tale edificio altro non è che l’abside della Chiesa di Sant’Antonio Abate, unico elemento giunto a noi di essa. Qui è stata rinvenuta una preziosa parte dell’affrescatura originale del Pordenone, Madonna con Bambino tra i Quattro Santi (rispettivamente Santa Maddalena, Sant’Ubaldo, Sant’Agostino, Santa Caterina): questo affresco fu staccato per essere trasferito nel Museo civico di Conegliano, dove lo si può attualmente visitare.
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